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Mito, realtà e fantasia

di Alberto Ritieni*

La comprensione di un “falso mito”, di una “bufala” o del significato di una “Fake News” necessita di conoscere cosa sia un vero mito. In tempi lontani il mito era pari ad un racconto sacro svolto in forma orale che spiegava il mistero delle origini dell’uomo o di come ci fossimo evoluti. Allora ecco che dei, eroi, semidei creavano una situazione soprannaturale e il mito diventava parte di un rito sacro assumendo il valore e il peso della verità di fede a cui non era richiesta ne serviva
una dimostrazione scientifica.

Raccontare il mito spiegava e piegava la realtà, aiutandoci a risolvere alcune contraddizioni della natura e permettendo di
rafforzare il collante che è alla base di un gruppo o di una popolazione. Il mito non è equivalente alla leggenda, alle favole o alla storia romanzata e tantomeno alla narrazione melodrammatica; diverso era il suo obiettivo e la sua costruzione.

Ora è naturale chiedersi quali fossero e sono i suoi obiettivi; il mito è da sempre uno strumento che senza una spiegazione
scientifica soddisfa attivamente un’esigenza di rassicurazione nel passato religiosa e oggi più che altro morale. Questa capacità ansiolitica e di convincimento implicita del mito di rassicurarci può essere gestita in maniera dolosa/colposa per scopi il più delle volte economici, politici o ancora peggio e, dal mito, si scivola nel “falso mito”.

Le basi per creare un falso mito sono in parte quelle già dette, ovvero deve tranquillizzare, non deve basarsi su basi
scientifiche reali, funge da collante in un gruppo di consumatori che ha bisogno di un racconto per soddisfare delle esigenze
etiche o morali.

Gli alimenti che sono portatori di profondi significati antropologici, salutistici ed etologici, sono oggetto di circa il 20% dei
falsi miti presenti in rete. I dati confermano che il 50% dei consumatori crede che l’informazione sugli alimenti sia chiara e
che li difenda dai rischi dai falsi miti mentre il 43% più scettico, crede che l’informazione dei media sulla sicurezza alimentare serva solo a disorientarli producendo allarmismo.

Oggi i falsi miti si diffondono velocemente e superficialmente grazie ai social e creano delle risposte prima ancora che siano fatte delle domande. Questo flusso invertito è alla base della credibilità di un falso mito che ha già delle risposte antiscientifiche ed aspetta la domanda giusta da farsi per contrastare le paure artatamente create. Il falso mito è immortale quanto l’Araba Fenice e va diffuso rapidamente e ripetutamente così che rinasca dalle ceneri sui social rendendo impossibile cancellarlo dalla rete. L’immortalità richiede condivisioni e likes e soprattutto gruppi agguerriti nel difendere il falso mito se messo in dubbio.

Il risultato è che un italiano su due nel 2019 ha creduto ad almeno un falso mito e che l’82% degli stessi non riesce più a distinguere il vero dal falso. Spesso alla base di un falso mito vi è un oscuro interesse commerciale per cui si vanno a squilibrare dei mercati, pensiamo a quanto è accaduto con l’allarme delle carni rosse, per le uova, per le carni di pollo ad esempio. Oppure servono per indirizzare i consumi su prodotti inutili ma che sembrano miracolosi. La soluzione da opporre ai falsi miti è nella vera scienza, nel coinvolgere gli esperti competenti e nella divulgazione equilibrata e neutra della conoscenza attraverso i media e nel leggere la rubrica “Un Mondo di Bufale”!!

* Dipartimento di Farmacia


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